Ritorno alla vita
Questo articolo è scritto da Riccardo Manuel La Rosa, un giovane che, attraverso i suoi studi e la sua riflessione, partecipa al movimento globale di conversione ecologica.
Essendomi riavvicinato alla Fede dopo aver già scelto il mio percorso di studi universitari, la prima cosa in assoluto a stupirmi è stata un passo della Genesi. Genesi 30:37-43 legge:
“Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami. Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell’acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere. Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati. Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Labano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Labano.
Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami. Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Labano e quelli robusti per Giacobbe. Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.”
Leggo e rileggo, controllo il capitolo prima e il capitolo dopo, controllo le note, il commento, ma niente: chi ha scritto le note della vecchia Bibbia che avevo a casa è convinto che la diatriba accademica sulle varianti dei manoscritti samaritani è così importante da lasciare a me l’interpretazione di questo passo.
Nonostante la curiosità, quella sera mantenni l’impegno che mi ero preso e continuai a leggere senza fare “pause” al telefono, e dopo aver spento la sveglia la mattina dopo, il dubbio rimase, ma la curiosità no.
A distanza di qualche mese e varie riflessioni, voglio proporre un’interpretazione che si ricollega a quello che studio e faccio in quanto studente delle biotecnologie agro-industriali: già dal tempo dei Patriarchi, l’uomo scaltro guida lo sviluppo della prole delle forme di vita addomesticate, di generazione in generazione. Certo, questo non spiega come i rami di pioppo influenzino il manto degli ovini, o se fosse lecito o no per Giacobbe arricchirsi alle spalle del suocero, ma il sottotesto, o anzi la visione del mondo che viene data quasi per scontata dall’autore mi spinge a questa considerazione: è chiaro come dalla rivoluzione industriale ci sia stato un allontanamento dal “vivo” al “chimico”....
Leggo e rileggo, controllo il capitolo prima e il capitolo dopo, controllo le note, il commento, ma niente: chi ha scritto le note della vecchia Bibbia che avevo a casa è convinto che la diatriba accademica sulle varianti dei manoscritti samaritani è così importante da lasciare a me l’interpretazione di questo passo.
Nonostante la curiosità, quella sera mantenni l’impegno che mi ero preso e continuai a leggere senza fare “pause” al telefono, e dopo aver spento la sveglia la mattina dopo, il dubbio rimase, ma la curiosità no.
A distanza di qualche mese e varie riflessioni, voglio proporre un’interpretazione che si ricollega a quello che studio e faccio in quanto studente delle biotecnologie agro-industriali: già dal tempo dei Patriarchi, l’uomo scaltro guida lo sviluppo della prole delle forme di vita addomesticate, di generazione in generazione. Certo, questo non spiega come i rami di pioppo influenzino il manto degli ovini, o se fosse lecito o no per Giacobbe arricchirsi alle spalle del suocero, ma il sottotesto, o anzi la visione del mondo che viene data quasi per scontata dall’autore mi spinge a questa considerazione: è chiaro come dalla rivoluzione industriale ci sia stato un allontanamento dal “vivo” al “chimico”. Questo allontanamento fu prima scientifico, poi tecnico, poi industriale, poi sociale e infine culturale. Oggi ne vediamo le conseguenze: la biosfera intera ha sofferto e soffre degli scarichi delle fabbriche, delle emissioni dei motori a scoppio, dei rifiuti indeperibili perché fatti di materiali ignoti a tutte le forme viventi.
Di questa situazione ne sentiamo parlare da fior di ricercatori, giornalisti, esperti e comitati, anche quando decisi di intraprendere il mio corso di studi. La grande promessa delle biotecnologie è di migliorare e adattare forme viventi per produrre tutto ciò che ci ha regalato l’industria chimica, senza però passare da solventi o inquinanti, e questo ritorno al paradigma ancestrale risolverebbe un’ottima parte dei problemi che abbiamo non solo a livello ambientale ma anche salutistico.
Il nocciolo di questo articolo è infatti informarvi di un movimento internazionale ampiamente promosso da enti ambientalisti, da governi e da privati, che consiste nella transizione industriale dal “chimico” al “vivo”. L’industria chimica investe tempo, soldi e risorse per evitare che tutte le sostanze tossiche che sono necessarie praticamente in ogni passaggio, vadano a danneggiare umani o l’ecosistema. Purtroppo, non è possibile schermare completamente le fabbriche dall’esterno, o smaltire completamente tutti i rifiuti tossici. Di contro, piante, alghe e lieviti sono chimici provetti, perfezionati da centinaia di milioni di anni di evoluzione, e grazie al lavoro di ricerca e sviluppo di chimici, biologi, botanici e ingegneri, possiamo oggi indurle a produrre sostanze di nostro interesse, soppiantando il bisogno di fabbriche chimiche...
Di questa situazione ne sentiamo parlare da fior di ricercatori, giornalisti, esperti e comitati, anche quando decisi di intraprendere il mio corso di studi. La grande promessa delle biotecnologie è di migliorare e adattare forme viventi per produrre tutto ciò che ci ha regalato l’industria chimica, senza però passare da solventi o inquinanti, e questo ritorno al paradigma ancestrale risolverebbe un’ottima parte dei problemi che abbiamo non solo a livello ambientale ma anche salutistico.
Il nocciolo di questo articolo è infatti informarvi di un movimento internazionale ampiamente promosso da enti ambientalisti, da governi e da privati, che consiste nella transizione industriale dal “chimico” al “vivo”. L’industria chimica investe tempo, soldi e risorse per evitare che tutte le sostanze tossiche che sono necessarie praticamente in ogni passaggio, vadano a danneggiare umani o l’ecosistema. Purtroppo, non è possibile schermare completamente le fabbriche dall’esterno, o smaltire completamente tutti i rifiuti tossici. Di contro, piante, alghe e lieviti sono chimici provetti, perfezionati da centinaia di milioni di anni di evoluzione, e grazie al lavoro di ricerca e sviluppo di chimici, biologi, botanici e ingegneri, possiamo oggi indurle a produrre sostanze di nostro interesse, soppiantando il bisogno di fabbriche chimiche passo per passo. Dato che negli “impianti biotecnologici” si usano questi organismi modificati per produrre ciò che ci interessa, tutti i passaggi coinvolgono materia biologica, che non ha il rischio di essere inquinante poiché tutto ciò che è o era vivo viene consumato da qualche decompositore naturale.
Posso aver dato l’impressione di una rivalità tra chimici e biotecnologi, ma non è così! Questa transizione è il trionfo delle conoscenze della chimica: mio prozio fu un chimico industriale che sovrintendeva la produzione delle sostanze che danno ai pennarelli il loro colore, un domani io, biotecnologo, e mio cugino da chimico ricercatore forse collaboreremo per portarvi pennarelli a inchiostro vegetale, o magari qualcosa di più importante. Solo ora che grazie alla chimica conosciamo a fondo come la vita trasformi ciò che consuma in ciò che produce, possiamo finalmente tornare a quell’ordine naturale delle cose, in cui la maggior parte di ciò che l’uomo produce e usa viene da un essere vivente, ma senza rinunciare a tutte le innovazioni e scoperte di cui abbiamo potuto fruire negli ultimi due secoli grazie all’applicazione man mano più raffinata delle conoscenze chimiche.
Posso aver dato l’impressione di una rivalità tra chimici e biotecnologi, ma non è così! Questa transizione è il trionfo delle conoscenze della chimica: mio prozio fu un chimico industriale che sovrintendeva la produzione delle sostanze che danno ai pennarelli il loro colore, un domani io, biotecnologo, e mio cugino da chimico ricercatore forse collaboreremo per portarvi pennarelli a inchiostro vegetale, o magari qualcosa di più importante. Solo ora che grazie alla chimica conosciamo a fondo come la vita trasformi ciò che consuma in ciò che produce, possiamo finalmente tornare a quell’ordine naturale delle cose, in cui la maggior parte di ciò che l’uomo produce e usa viene da un essere vivente, ma senza rinunciare a tutte le innovazioni e scoperte di cui abbiamo potuto fruire negli ultimi due secoli grazie all’applicazione man mano più raffinata delle conoscenze chimiche.