Scuola & Pandemia
Un’espressione che abbiamo pensato, ripetuto e sentito in questo tempo inedito segnato dalla pandemia è soprattutto una richiesta accorata e urgente di bambini, ragazzi e giovani, studenti di ogni età. Sì, perché la scuola, non sempre amata, in questo tempo ha rivelato la sua importanza nella vita delle giovani generazioni.
In Italia le scuole di vario grado sono state chiuse più a lungo che in ogni altro paese della comunità europea: abbiamo iniziato per primi e si è proseguito a lungo per limitare i contagi, ma è stata una scelta molto divisiva, che ha dimostrato come la scuola non fosse una priorità del governo ed anche la fragilità del nostro sistema educativo. Insegnanti, genitori, studenti, hanno ripetuto come la pandemia abbia maggiormente evidenziato la crisi in cui la scuola si trascina da anni. Crisi irrisolta, peggiorata di anno in anno, massacrata dalle tante riforme dei molti governi che si succedono in Italia.
Come ha scritto Alessandro D’Avenia, scrittore, insegnante e sceneggiatore: “La scuola era già in crisi prima del Covid… La pandemia ha ridotto la scuola, già malconcia, ad una zattera che imbarca acqua da tutti i lati”. Provocatoriamente afferma anche che gli insegnanti sono considerati principalmente “parcheggiatori di persone ad ore e non insegnanti né maestri. La gente si lamenta perché con la pandemia è venuta meno la ‘scuola-parcheggio’, un posto dove tenere i ragazzi perché gli adulti devono fare altro…”
La mancanza del rapporto fisico
Se le scuole sono chiuse, se le lezioni si tengono online, mancano principalmente il contatto, la relazione fisica: gli studenti hanno bisogno di uscire e rientrare a casa, d’incontrarsi e di scontrarsi con i propri coetanei, hanno bisogno di una giornata scandita dalla routine che alterna impegno, studio e riposo. Le giovani generazioni, nella bolla del tempo e dello spazio chiuso cui il lockdown ci ha costretti, sono più vulnerabili e fragili.
È un dato di fatto, trasversale a tutte le generazioni che ormai viviamo tutti connessi, soprattutto le giovani generazioni che praticamente vivono sempre più nel mondo virtuale, ma una forzata immersione così prolungata ne ha svelato tutti i limiti:
- mancanza di relazioni sociali
- connessione con molti che di fatto genera isolamento, fuga dalla realtà
- esclusione dei più disagiati, le cui famiglie non sono a fianco dei figli nel loro percorso scolastico oppure non possiedono un computer e non hanno accesso alla rete
- apatia, stanchezza, preoccupazione, irritabilità
- alto rischio di abbandono scolastico: tra le principali cause d’assenza e di abbandono la difficoltà di connessione per la didattica a distanza e la mancanza di concentrazione. Quanto mai profetiche le parole di Don Milani in Lettere ad una professoressa “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde.”
Abbiamo avuto conferma che “La scuola non è solo trasmissione di contenuti ma è soprattutto rapporti umani”.
L’impatto emotivo
In gennaio è stato pubblicato un interessante studio sull’impatto emotivo della pandemia e della chiusura delle scuole sugli studenti.
La sveglia suona, ma non c’è fretta: basta accendere il computer, fare un check a microfono e videocamera, uno al look, e la scuola con la DaD arriva a casa, più o meno puntuale a seconda della connessione internet. A casa, però, non ci sono i compagni, manca la complicità tra i banchi di scuola, stare attenti alle lezioni è più difficile, distrarsi invece è facilissimo. Il passaggio dalle lezioni in presenza ha sconvolto in modo significativo la vita degli studenti e delle loro famiglie, creando un rischio potenziale per il benessere mentale di bambini e adolescenti. Un brusco cambiamento nell’ambiente di apprendimento e le limitate interazioni e attività sociali hanno generato una situazione insolita per lo sviluppo cognitivo dei giovani studenti.
La pandemia incide sulla salute dei bambini attraverso differenti fattori:
- il distanziamento sociale: non avere contatti fisici, reali, con i propri pari impoverisce il nostro cervello emotivo. La chiusura forzata può aggravare il senso di solitudine, aumenta la tendenza all’isolamento a chiudersi in camera e passare ore su internet
- la mancanza di routine: un meccanismo importante che permette ai giovani di organizzarsi ed è aggravato dalla precarietà e dall’incertezza dei provvedimenti richiedendo grandi capacità di adattamento
- l’ansia e l’incertezza legata alla malattia e la paura del contagio: quando gli adulti parlano tra loro del virus e della pandemia, senza parlare apertamente con i figli per proteggerli, i più piccoli sentono ugualmente una paura che aleggia e che si cerca di nascondere
L’(in)efficacia della didattica
La fisicità della scuola rappresenta un contenitore: orari, verifiche, regole, invece stare a casa genera anarchia. Questa situazione accresce una delle sfide più difficili: la scuola dovrebbe rendere i ragazzi autonomi, consapevoli e protagonisti della propria maturazione. Purtroppo, il sistema scuola rimane legato al senso del dovere, dell’obbligo, del voto come obiettivo e così gli studenti si percepiscono come contenitori di informazioni e non protagonisti del processo formativo.
Dalle neuroscienze arrivano dei consigli:
- formare alla resilienza: la scuola non è solo insegnare, così come la sanità non è solo curare. Come a scuola si fa ginnastica per potenziare la psicomotricità, così si potrebbe insegnare a potenziare la capacità di gestione dello stress e delle emozioni negative
- la conoscenza riduce l’ansia: i bambini hanno bisogno di informazioni oneste sui cambiamenti all’interno della loro famiglia. Quando queste informazioni sono assenti, i bambini cercano di dare un senso alla situazione da soli.
- comunicare le emozioni, cioè parlare di come ci sentiamo: l’assenza di questo passaggio sulle emozioni può lasciare i bambini in ansia per lo stato emotivo degli adulti. I bambini possono arrivare ad evitare di condividere le proprie preoccupazioni nel tentativo di proteggerli: così rimangono soli ad affrontare questi sentimenti difficili. Questo può essere importante anche per sostenere i giovani che quando si tratta di affrontare un lutto, oppure quando ci sono problemi lavorativi dei genitori o a problemi economici familiari.
Tentativi di esperienze positive
In questo contesto di grande criticità non sono mancati impegno e creatività per proporre, nonostante tutto, esperienze positive
Ad esempio, sempre Alessandro D’Avenia ha proposto ai suoi studenti di leggere insieme ad alta voce l’Odissea. “L’esperienza della voce li ha coinvolti fino a farli riflettere sul rispetto della parola, non puoi pronunciarne nessuna se non ne conosci il significato. Hanno fatto un’esperienza viva proprio grazie al fatto che non potevano farla dal vivo”.
Gli studenti sono stati incoraggiati a scrivere il proprio vissuto personale, oppure testi letterari, storici e scientifici che riguardano i temi delle pandemie del passato in tutto il mondo e in modo più specifico in Italia. I testi prodotti sono stati poi inseriti in un sito creato e gestito dagli studenti con la supervisione di alcuni docenti.
Come spiegano alcune professoresse:
«Nella scuola sono cambiate molte cose con la Didattica a Distanza ma sarebbe un errore dimenticare questo momento storico. Il sito realizzato dai nostri ragazzi si configura soprattutto come uno spazio d’incontro virtuale che ha favorito l’unità e la vicinanza con i nostri alunni, ma anche come luogo simbolico della memoria storica e letteraria, una traccia tangibile che rimarrà a testimoniare i sentimenti, le emozioni e i pensieri degli studenti nell’epoca del coronavirus al fine di trarne quanti più insegnamenti possibili anche per le generazioni future».
«Nei mesi più difficili i ragazzi hanno trovato diversi modi per reagire alla prova: hanno disegnato, hanno studiato la storia delle pandemie e riflettuto su come arte e letteratura abbiano saputo rappresentare questi eventi drammatici, hanno espresso le loro emozioni, in modo diretto o sotto forma di racconto. È stato liberatorio, un aiuto per elaborare e reagire».
«Lavorare insieme, anche se collegati in rete, ha reso tutti consapevoli che la conoscenza rende più liberi».
Mi piace concludere citando ancora don Milani che con passione e forte della sua esperienza pilota nella scuola di Barbiana diceva: “Insegnando imparavo molte cose. Per esempio, ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.”
Speriamo che le ultime riaperture, anche della scuola, siano una scelta politica efficace per “sortirne insieme!”
Articolo scritto da sr Irene, comunità di Montmartre (Francia)
Altri fonti:
- Dott.ssa Marcella Mauro, psicologa del Centro di Neuropsicologia dell’Apprendimento, Humanitas Medical Care, Bambini e adolescenti: quale impatto emotivo della pandemia e della chiusura delle scuole? Parola alle neuroscienze
- Foto: Pexels